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La lingua siciliana è una lingua neolatina come l’italiano, il francese, lo spagnolo,
il portoghese.
Le altre lingua per scrivere con l’alfebeto latino il loro linguaggio, hanno dovuto
adattare le conzonanti scritte in un certo modo (SH Đ Ñ Þ ß). Così anche in Sicilia,
dove abbiamo pure questo problema, dobbiamo trovare il modo di scrivere in un certo
modo quel po’ di consonanti autoctone che non zi possono riprodurre con le lettere
dell’alfabeto latino.
Qui non consideriamo le vocalizzazioni delle parole, perché è una particolarità
che non ha una valenza generale, perché le vocali sono governate dall’usanza, dalla
particolarità fonetica e preferenza che ha ogni paese e contrada della Sicilia:
nmernu/mmiernu, Accabbau/accabbà/accabbò.
Invece esiste una regola generale che governa le consonanti: La conzonante di una
sillaba è governata dalla sillaba, lunga o breve, che la precede. E in più . . .
:
• La sillaba che sta dentro la parola, avendo una posizione fissa e sottostando
al dominio della sillaba che la precede, fissa pure essa, si adatta alla regola
generale e così resta.
• Invece, quando la sillaba è in principio di parola e comincia con una consonante,
questa, siccome sottostà al dominio dell’ultima sillaba della parola precedente,
di volta in volta, cambiando le parole che la precedono, deve cambiare secondo la
regola: La consonante di una sillaba è governata dalla sillaba, lunga o breve, che
la precede.
Non è difficile t a valenza lunga o breve nell’ultima sillaba delle parole siciliane,
anche perché solo una ventina di parole hanno questa particolarità, ma ricercando
se ne possono trovare altre.
Nella lingua siciliana, la regola generale che abbiamo vista prima ha due specifiche:
• Dopo una sillaba con l’accento lungo, la consonante della sillaba che segue resta
semplice.
• Dopo una sillaba con l’accento breve, la consonante della sillaba che segue diventa
forte.
Possiamo dire che non c’è niente di particolare, visto che anche nelle altre lingue,
in linea di massima è così, e non hanno difficoltà nello scrivere. Ma in siciliano
questa regola ci crea un problema, poiché alcune consonanti hanno la forma debole
e la forma forte differente. Finché questa consonante si trova dentro la parola
si scrive debole o forte sempre allo stesso modo. Quando questa consonante variabile
è in principio di parola, invece, allora succede un fenomeno che a tanti studiosi
siciliani da fastidio.
In pratica, cambiando l’ultima sillaba di una parola, lunga o breve, la conzonante
della prima sillaba della parola che segue, cambia pure. E con le conzonanti variabili
immaginate cosa succede, e questo di parola in parola, che lo scritto siciliano
diventa un susseguirsi pirotecnico di consonanti che cambiano. E si deve ben conoscere
il principio per padroneggiarle.
I siciliani questo principio non lo possiamo abbandonare, perché manipola il nostro
tesoro linguistico: le consonanti autoctone. Sono alcune conzonanti che vengono
pronunziate in un certo modo solo in Sicilia, e dobbiamo curarle.
16/07/2021: Ultimamente in televisione è apparso uno sketch pubblicitario sulla
Sicilia, dove una voce narrante in lingua siciliana fa elogio delle bellezze della
Sicilia.
Mi sono accorto della fatica a cui si sono sottoposti per evitare di usare le consonanti
autoctone, che non avrebbero saputo scrivere sullo schermo, né pronunciare.
12/022022: Nel precedente messaggio ti ho invitato a scegliere se vuoi continuare
a scrivere in modo AULICO o in modo FONETICO. Dati i dubbi, vorrei chiarire cosa
intendo.
La scrittura aulica, a come ho capito, non serve per leggerla ad alta voce, per
declamarla, se non da chi è siciliano e parla siciliano, ma serve per scrivere documenti.
Uno straniero, la scrittura usata dai poeti non la può leggere ad alta voce. Quella
declamazione non assomoglia alla lingua siciliana, ma è una mistificazione della
nostra lingua, italianizzata, cosa che piace a tanti, anche siciliani.
La scrittura fonetica, vuole riprodurre la fonia del parlare siciliano. Non è vero
che questa fonia cambia da un paese all'altro, come si vuol far intendere, ma, entrando
nelle specififità consonantiche, si vede che c'è una base comune per tutti i siciliani.
Leggendo gli scritti fonetici anche un estraneo è costretto a riprodurre la fonia
siciliana delle parole.
Visto che tu ed io, di parti differenti della Sicilia, abbiamo l'occasione di constatarlo,
ti prego di aiutarmi a chiarire l'argomento facendo degli esempi di scrittura e
pronuncia di testo siciliano.
Per cominciare facciamo brevi esempi:
1
Forma AULICA:
- Inchi dda dammiggiana d'ogghiu.
- Ssa macchia è di ogghiu d'aliva.
Forma FONETICA:
- Jinchi dha dammiggiana r'ogghiu.
- Ssa macchia è d'ogghiu r'aliva.
Uno straniero, che legge 'dha' invece di 'dda', capisce che c'è una pronuncia particolare,
e non un semplice raddoppiamento vocalico.
2
Forma AULICA:
- Inchi dda dammiggiana.
- Hai a inchiri dda dammiggiana.
- Nun inchiri dda dammiggiana.
Forma FONETICA:
- Jinchi dha dammiggiana.
- Ha ghinchiri dha dammiggiana.
- 'Un gninchiri dha dammiggiana.
Nella forma fonetica la parola 'Inchiri' ha una 'J' davanti. Questa consonante,
essendo variabile, nel pronunciare le frasi ha una declinazione fonetica:
J - Ghi - Gn.
Mi piacerebbe sapere dalle parti tue nel parlare quali declinazioni fonetiche usate,
e cosa ne pensi dello scrivere in forma fonetica il nostro parlare siciliano.
Saluti
p.s.
Nelle consonanti invece dei segni diacritici (đ), io uso la consonante diacritica
'H' (dh), perché nello scrivere con la tastiere del computer non è agevole usare
i segni diacritici.
25.12.2016